Uomini
a perdita di fiato
A
Perdita di fiato è un “rocambolesco” racconto di Edgar Poe;
dinamica superiore di elementi subconsci illuminati; parabola nella
quale inizio e fine coincidono – a significare stranamente che
nessuna evoluzione è avvenuta, nessuna soluzione presente è
intercorsa nella vicenda narrata, se non appunto quella
“profetizzata” all'inizio. Varia il tempo, mutan le cose e gli
accadimenti... quel che ne resta è invece l'essenziale! Da
cogliere subito! Tre righe … per un inizio ed una fine.
Anche
la sorte più ostinatamente avversa deve, alla fine, cedere di fronte
all'irriducibile coraggio della filosofia, come la più inespugnabile
fortezza davanti alla vigilanza ininterrotta del nemico (Poe, A
perdita di fiato)
Il
nemico è dunque alle porte? Se non altro è significativo capire –
al di là di una identificazione improbabile – che la sua azione,
dichiarata ininterrotta, crea confusione, ammassa congerie di
elementi difformi: segni testuali, notizie, impalcature di
riflessioni smorte, architetture o categorie di pensiero, altrettante
strutture dialogiche che traducono paradossalmente l'impossibilità
stessa al dialogo; princìpi e affermazioni univoche si trovano oggi
a portata di click.
È
come fare un gioco in apparenza semplice, ma in cui non riusciamo a
trovare la risposta esatta (Ai Weiwei, Il blog)
Tanto
che ridotti ai codici testuali vigenti diveniamo mansueti, e il
nostro pensiero rimane senza mordente e privo di una certa
auto-nomia. Come agire?... La bulimia indirizza la nostra condotta
verso il rutilante consumo di “notiziari”; ed è esattamente
quanto suggerisce Poe nel racconto Il Genio della Perversione:
“Noi agiamo senza uno scopo comprensibile”, “per la
ragione che non dovremmo”. Informazioni sovra
informazioni... la perversione, almeno all'inizio, consiste in
questo: accettare, inconsapevoli, un'apparente molteplicità
di contenuti e forme d'espressione (pubblicità, messaggi ecc.), del
resto senza luogo né dimensione. È l'invito al particolare
astratto, la seduzione al nulla fissato dal pertugio più
stretto che possa esistere: la nostra sola ed unica
prospettiva. Che sia per davvero nostra??? Ho seri dubbi. In questo
modo traditi dai nostri linguaggi, traditi dalle nostre forme di
comunicazione, come mai potremmo essere ridotti?
Immaginatemi
dunque, nascosto al sicuro nel mio
boudoir
privato, spaventoso esempio delle cattive conseguenze
dell'irascibilità: vivo, con le caratteristiche di un morto –
morto, con tutte le inclinazioni di un vivo – un'anomalia sulla
faccia della terra – calmissimo ma senza fiato (Poe, A perdita di
fiato)
UNA STRANA IDEA
La
mia idea sul nemico non trova ragioni, tanto meno spiegazioni che
possano smascherarne i tratti. Il nemico è per questo il Genio della
perversione. Esso coltiva i nostri dubbi, storce futuri minimi,
azioni minute della nostra vita. Piega la nostra necessità
progettata in vista di qualcosa di grande (l'ideale, una filosofia),
per immetterla invece nel cortocircuito dell'insensatezza. Il Genio
perverso capovolge l'ordine del necessario.
Quella
del nostro autore, se l'avete davvero capita, è una tesi spaventosa.
Come
potere agire, se la nostra potenziale azione rischia il
capovolgimento ad ogni passo? Se il necessario, quel che noi crediamo
essere necessario (la politica, le istituzioni ecc.) sbanda in
direzione del contingente? Che Genio folle! Assomiglia al potere! È
una strana idea questa, che il potere sia una perversione
incondizionata di tutto ciò che “è”. Che stranezza inconsueta
poi... che si possa leggere sulle righe di un blog censurato il
seguente messaggio fantasma:
l
potere si manifesta come distruzione dell'ordine psicologico della
gente. L'incertezza è la perplessità eterna – qualcosa che non
può essere tradotto in parole (Ai Weiwei, Il blog)
Senza
parole e senza fiato... Davvero una strana idea!
L'ORRORE
Del
resto, se una filosofia vigila, coraggiosa, allora il primo suo
indirizzo ci farà ammettere che una crisi interiore sta avvenendo,
un fatto epocale della coscienza si mostra: la coscienza stessa
non arriva più a ordinare i suoi rapporti col mondo; la sua
generazione è contaminata dal dubbio.
L'orrore
alla Edgar Poe, di un volto, di uomini perversi e senza respiro,
nasce dal consumo e dalla limitazione di spazi di vita reale; da una
cultura distratta che deve costantemente obliare se stessa per
rendere il nuovo.
L'individuo
(a perdita di fiato, n.d.r.) viene così
costretto ad accorgersi in modo traumatico che una soddisfazione
piena e indolore dei suoi bisogni è
impossibile. Dopo l'esperienza di questa delusione, diviene dominante
un nuovo principio di funzionamento psichico. Il principio della
realtà si sovrappone al
principio del piacere: l'uomo impara a rinunciare un piacere
momentaneo, incerto e distruttivo, in favore di un piacere soggetto a
costrizioni, differito, ma «sicuro»
(Marcuse, Eros e civiltà)
Il
Genio perverso opera in quel senso lì.
Infatti “il nuovo” è oggi un'affare, non ben
precisato, che muore, cioè
una sfera senza possibilità di gravitare attorno ad un nucleo
essenziale. Pensate solamente a tutta la tecnologia para-militare
che viene spacciata come ¨connecting people¨?
Del
resto occulta allo stesso fruitore che ne fa utilizzo quotidiano,
tutta quell'effervescente
novità cresce ed occupa
il mondo, non ci lascia spazio. Lo spazio – sempre con le parole di
Ai Weiwei – “che può essere anche psicologico, perché è in
grado di mettere in moto l'immaginazione”.
L'orrore
sarà il ridursi stesso del pensiero immagine-creazione, lo sminuire
sempre e comunque i nostri slanci creativi votati alla forza di un
gesto genuino, personale. Sicché l'identità soffre quando cede alla
perversione di non osare più nulla, non tentare, non fare, abiurare
e sparire.
La
percezione, i pensieri, la volontà e le emozioni, tutto si dissolve
completamente non appena il soggetto accetti l'induzione e le
suggestioni dell'ipnosi (Ai Weiwei, Il blog)
Eccoci
qua! Chiusi dentro nel nostro boudoir, impaccati, allucinati,
ermetici; privati di tutto (o quasi) clicchiamo a più non posso,
girovagando nel cortiletto mentale. Esso – ve lo dice la filosofia
di Poe – è un volto e un corpo mutilato; questo nostro volto,
insisto, questo nostro Eros senza respiro.
L'ACCIDENTE
Tant'è,
“capitati” in questa condizione, l'uomo prima socievole e aperto,
incontra, magari bona fide (in buona fede), il peggio che la
vita possa offrire.
L'acquirente
mi trasportò nei suoi appartamenti e cominciò immediatamente le
operazioni. Avendomi tagliate le orecchie, tuttavia, scoprì dei
segni di animazione. Suonò immediatamente il campanello, e mandò a
chiamare un farmacista del vicinato, per consultarsi con lui in
quell'emergenza. Nel caso che i suoi sospetti riguardo la mia
vitalità si fossero dimostrati in ultima analisi fondati, mi praticò
nel frattempo un'incisione allo stomaco, e, mi asportò buona parte
delle viscere per una dissezione in privato (Poe, A perdita di Fiato)
Poe
magico Poe.
Ci
racconta di squartamenti, menomazioni e tagli di tutte le membra che,
fuor di metafora, diventano “privazioni” o “sottrazioni di sé”
– di quell'Intelligenza capace, al confine e all'apice della
violenza, di stemperare il dolore per divenire una luminosa
rivelazione. Improvvisa e vitale, essa ti inietta nell'arteria
silenziosa una tale dose di spontaneità che, gioco forza, ti
rende all'apparenza incapace, muto ai discorsi altrui.
Poniamoci
la domanda, e con essa prendiamoci tutti un bel respiro. Siamo forse
senza vita, quando resi mansueti accettiamo l'idea di possedere
informazioni/saperi che forse forse ci posseggono a loro volta e ci
riducono? Siamo forse resi senza Intelligenza, perché soffocati da
una massa enorme di twittate? Com'è possibile non vedersi
alle volte in preda agli orrori di una comunicazione fasulla? Come
non vedersi irascibili, compulsivi, votati alla rivendicazione di
qualcosa che in verità è fiction? Come non vedersi per quel
che si è? Oggi! Perché? Perché adesso accettiamo di essere un
misero accidente? Perché! È la domanda della filosofia che resiste
alla vigilanza ininterrotta del nemico.
Lo
faceva notare, ad esempio, anche Zarathustra. Ai suoi discepoli
insegnava, con parole straordinarie, a non essere un prodotto del
caso, a non diventare un accidente. “Voi non avete ancora
cercato voi stessi: ecco che trovaste me” (Nietzsche).
L'INIZIO È LA FINE
Qui,
nell'universo mediatico c'è gran cosa, moltissime possibilità sono
date, ma fate attenzione: “ad una cultura distratta che deve
costantemente obliare se stessa per rendere il nuovo”.
Per
agire davvero occorre una soluzione che forse, come nei racconti di
Poe, ci veniva prospettata all'inizio: la fine di tutte le violazioni
è nei fatti una indiscriminata ed insindacabile filosofia.
Quella filosofia che i grandi autori ci offrono sempre nei loro
testi, magistralmente costruiti, perché magister (maestro, o
magis: mago) è colui che in sé domina e realizza un mondo
perfetto. Un mondo per il quale un vivere possibile non sarà patire.
Altrimenti...? L'ironia folle... di nuovo: l'orrore. Ti fanno a
pezzi! Per niente!
[…]
cadendomi sulla testa, mi fratturò il cranio in un modo al contempo
interessante e straordinario (Poe, A perdita di fiato)
UNA FILOSOFIA INDISCRIMINATA
A
questo punto dichiaro: che solo il lettore volenteroso di scoprire
da sé, tutto quanto qui sia stato omesso, potrà trovare nel
racconto dei nostri autori prediletti un finale che presenti aspetti
positivi e vitali. Una cosa è pero da ripetere... ve la dico subito!
Guardate
al cuore delle storie e al centro di voi stessi; guardate a come i
segni, meta-segni o simboli, a come le informazioni si spostano e
mutano all'interno di uno o più ambiti; guardate alle relazioni che
intessono scenari nella maggior parte nichilistici perché sporcati
dalla menzogna. Guardate a come voi, frutto
dell'auto-controllo e della coscienza, potete guardare.
Ampliate e fecondate la vostra Intelligenza. Non sa di vano!
In
questo modo avviene la scoperta! Tautologica ma reale: un nuovo
modo di vedere; una lettura più feconda di tutto quanto ci è
stato dato. Edgar Poe a questo proposito scrisse una frase epocale.
Da cogliere subito! Tre righe … per un inizio ed una fine.
Non
so concludere questi particolari riguardanti alcuni singolarissimi
frangenti di una vita che fu in ogni suo momento alquanto fortunosa,
senza richiamare ancora una volta l'attenzione del lettore sui meriti
di quella indiscriminata filosofia che è uno scudo pronto e sicuro
contro gli strali di calamità che non possono essere visti, né
sentiti, né compresi appieno (Poe, A perdita di fiato)
Guardate
– dovete! – l'essenziale.